Recensione del libro “Fratelli Neri” di Gerry Mottis, la storia dei primi internati africani nella Svizzera Italiana (di Luca Maciacchini)

15.01.2025

Uno dei paradossi di certe opere letterarie è di rivelarsi degli atti di grande coraggio – quasi rivoluzionario – perché vengono scritti con grande semplicità, umiltà, non molto oltre la mera descrizione dei fatti rappresentati e vanno nello stesso tempo a sfidare le prevedibili reazioni sociali contro "la fiera dei buoni sentimenti" (o "buonismo", come si tende a dire oggi). Ci sembra che non potesse esserci momento più propizio e significativo per l'uscita di questo nuovo romanzo dello scrittore Svizzero – Grigionese Gerry Mottis "Fratelli Neri", ovvero la storia dei primi internati africani nella Svizzera Italiana durante la seconda guerra mondiale.

(Foto © mybernina.ilbernina.ch)

La vicenda trae spunto, come recita il sottotitolo, dall'internamento di alcuni soldati africani provenienti dalle colonie francesi in Africa, subito dopo l'8 settembre 1943. Essi vengono sistemati provvisoriamente all'interno del Collegio Sant'Anna di Roveredo, nel cantone Grigioni. Qua comincia una breve ma intensa avventura in una situazione di precarietà e incertezza del futuro; gli africani sono inevitabilmente sottoposti a un "confronto" con la civiltà Svizzera della Valle Mesolcina, ma anche con i profughi ebrei rifugiati nello stesso luogo, tra cui il commediografo Sabatino Lòpez (voce narrante della vicenda) e il poeta italiano Diego Valeri. In una situazione di "emergenza", dove la guerra imperversa in Europa e il destino degli innocenti è in preda alla più totale aleatorietà ed incertezza, chiunque diventa "attore" della sorte propria e di quella degli altri personaggi, per la storia apparentemente "secondari". Le suore, i combattenti africani, i personaggi di uno sperduto paese della Valle Mesolcina, i poeti, le autorità locali… tutti accomunati dal corso degli eventi per cui si concretizza il monito Brechtiano, poi ripreso da Francesco De Gregori "La Storia siamo Noi" Nessuno si senta escluso".

E il termine "attori" non è scelto a caso. L'io narrante della storia è un autore teatrale, rifugiato in quanto ebreo insieme alla moglie nel ricovero "Immacolata Concezione" di Roveredo. Qui, dai racconti di una suora, verrà a sapere la vicenda degli internati africani all'interno del Collegio Sant'Anna, avvenuta poco tempo prima. L'io narrante esordisce dicendo "Non avevo mai osato mentire in vita mia"; (l'etimologia greca della parola "attore" è "Upokritès", da cui l'Italiano "Ipocrita"); ma ora si vede costretto a usare un falso nome per… (per continuare a leggere la recensione cliccare qui —> "lucamaciacchini.com").

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